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lunedì 23 maggio 2011

PANE,CACIO E......VINO III Parte

Garibaldi, dopo alcune ore di questo faticoso tragitto, accortosi del disagio dei suoi, ordinò una sosta di venti minuti: i Mille erano stanchi e morti di sete. D'altra parte ogni volta che incontravano un rigagnolo e si affollavano per dissetarsi, Bixio si metteva a guardia per impdire che bevessero a sazietà potendo andare incontro a qualche infezione: così avvenne che ricorressero alle fave verdi masticandone anche la buccia per mitigare la sete. Tutti raccoglievano e sgranavano baccelli: toscani, genevosi e meridionali abituati a mangiare le fave crude, se ne deliziavano, piemontesi e lombardi si stupivano di quel nuovo cibo, e tremavano all'idea che costituisse il loro pasto nei giorni a venire, come aveva pronosticato il generale Garibaldi. Cibi semplici, campagnoli quelli che la natura offriva in quel momento. Il 14 maggio Garibaldi giunto a Salemi, assunse la Dittatura di Sicilia in nome di Vittorio Emanuele Re d'Italia. Per quanto riguarda il vino, Garibaldi tornò a Marsala il 19 luglio 1862, visitò lo stabilimento Florio, là bevvè e lodò il marsala che fu denominato "Garibaldi dolce". Garibaldi alzatosi di buon ora visitò l'antico porto di Marsala e l'isoletta di Mozia dove non volle solo scendere, ma partecipò con tutto il cuore alle gioie domestiche degli abitanti. Egli mangiò in una di quelle case pane nero, uova e delle lumache ben cotte e condite con l'aglio. Ritornato in città dopo essersi riposato, garibaldi si recò nella chiesa della Madonna della Cava dove, insieme al figlio Menotti, assistette alla S. Messa.

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