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lunedì 9 maggio 2011

GARIBALDI E IL CLERO

A te Giuseppe eroe e cavaliere come San Giorgio, dolce e bello come un serafino, per ricordo delle suore che ti amano e pregheranno Santa Rosalia di conservarti felice. Quel Giuseppe non era un personaggio in odore di Santità ma un soldato accanito anticlericale, con un abbondante bagaglio intellettuale. Eppure quando nella Sicilia liberata  veniva inviato a far visita ai conventi femminili le pie ospiti come invase da una mistica passione lo colmavano di regali, ricami, nastri, fiori gli servivano dei "Garibaldi" in biscotto il suo nome in caramellato, il ritratto in marzapane e la dedica sopra scritta accompagnava una bandiera offertagli dalle monache di un convento palermitano. Presso i frati meno sdolcinature, ma pranzi eccellenti, inni patriottici. Da parte sua un soldato borbonico ferito dichiarava :" Chillo non è ommo nu yuorno lu diavulu si annommurai de na santa. Dopo nove mese nascette Garubbalde. Quannu combatte tenede lu patre, quann'è furnuta la battagghia tene de la madre". Figlio di padre religioso e di madre assai devota Garibaldi descrive così gli inizi della sua carriera scolastica. "I miei primi maestri furono due preti e credo l'inferiorità fisica e morale della razza italiana provenga massime da tale nociva costumanza". In Aprile nel 1849 i Francesi sono alle porte di Roma, Garibaldi entra in azione con la sua legione che ha come cappellano Gavazzi e si acquartiera al conventi di San Silvestro. Le monache sono state avvisate di sloggiare soltanto all'ultimo momento e non hanno avuto tempo di riunire tutti i bagagli così dimenticano qualcosa che avrebbe dovuto sparire. Così il garibaldino Marcora di Busto Arsizio scriverà a casa :" Trovammo cassette piene di fasce da bambini e di lettere amorose tra preti e persino di cardinali alle suore....." Battaglia finita intorno a Villa Pamphili l'unico a rimanere nella mani dei francesi è un prete Ugo Bassi preso mentre stava dando l'estrema unzione ad un morente.

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