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giovedì 12 maggio 2011

CIBO DEI GARIBALDINI

Gli storici concordano nel sottolineare che le difficili condizioni di approvvigionamento alimentare sono state una concausa del fallimento di alcune imprese risorgimentali come ad esempio la sconfitta degli insorti lombardi durante la prima guerra d'Indipendenza su cui lo stesso Comitato di Pubblica Difesa di Milano scrisse: Si è detto, si è ripetuto che vari corpi non ebbero viveri, quali per 48 ore, quali per 36 ore e che i soldati sfiniti  per gli stenti e le fatiche morivano per le vie d'inedia. A Custoza le condizioni sono molto simili. Così si esprime un ferito rivolgendosi ai compagni nelle retrovie: Prima di battervi procurate di aver mangiato un boccone, non sono solo stati i cannoni austriaci a vincerci, ma il digiuno. Siamo andati in battaglia come quando da ragazzi ci portavano a cominicarci, e in tutto il giorno non abbiamo toccato un filo di pane nè un sorso d'acqua e i nostri morivano di sfinimenti. Nella normalità ossia in tempo di pace, le razioni alimentari dei soldati, in particolare in Piemonte negli anni intorno al 1850, prevedevano due pasti al giorno e tre diverse tipologie: i giorni di grasso con 155 g di carne di bue, pane pasta o riso, 0,15 g di sale, 15g di lardo e di 350ml di vino. I giorni di magro veniva sostituito il lardo col burro e l'assenza di vino. Guerra del 1866, due garibaldini, uno marchigiano, uno fiorentino che vengono avviati a Bari  da cui partiranno in treno alla volta del trentino in un viaggio lunghissimo e disastrosissimo. il marchigiano, figlio di un operaio e lavoratore lui stesso è forse più avvezzo a sopravvivere con poco. Il giovane fiorentino è uno studente. Nelle sue MEMORIE ALLA CASALINGA DI UN GARIBALDINO insieme al racconto dei fatti di quell'anno,  appaiono frequenti riferimenti al cibo. Durante il lungo viaggio gli approvigionamenti venivano promessi ad ogni sosta e l'ora dell'arrivo e i pasti non erano sempre rispettati.

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