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sabato 26 marzo 2011

MANZONI II PARTE

Ma della nebbia andava fiero come una sua creatura e la neve lo entusiasmava. Chi lo accompagnava, non aveva solo bisogno di tenere il suo passo ma abituarsi a seguire il movimento del capo, un movimento leggero da destra a sinistra. Aveva paura della solitudine, quando usciva voleva qualcuno con sè, solo non si azzardava neppure nel giardinetto in Via Morone, gli sembrava che le case gli alberi tutto ciò che era più alto
di lui gli precipitasse addosso.Di questa sua debolezza se ne compiaceva, la sfruttava. Induceva tutti a com-
miserarlo, proteggerlo, scusare le sue mancanze ai doveri di società Gradiva i doni che gli venivano offer-
ti soprattutto tè, caffè,droghe, e dolciumi. Conquistarlo era molto difficile, sceglieva le sue amicizie sul metro
della sincerità più che sull'affinità ideologiche.Il Grossi, Rosmini,Visconti, il Litta e altri li aveva scelto così.
Evitava i salotti, amava la gente semplice, quella che viveva nella terra e ne portava addosso il sapore. Quan-
do era in villa abbandonava tutti per andare in mezzo ai contadini. Seguiva le sue processioni, camminava lento troppo per il suo passo, assisteva al loro lavoro, interrogandoli, gustandosi le risposte. "Questi campi" era solito affermare "producono menti che hanno più buon senso di Mauguin, di Lemarque e di tutta la ca-
mera parigina. Di Milano diceva che era una città fatta di gente che non giudicava mai al primo sguardo
un'opera d'arte dicendo solo "non c'è male"

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