Visualizzazioni totali

martedì 29 marzo 2011

LETTERA DI METTERNICH A WILHELMINE de BIRON

Dalla lettura delle lettere,quest'uomo che la tradizione descrive freddo e intrigante, ci appare sotto un profi
 imprevedibile: d'un essere gentile, generoso, duttile e capace di delicati sentimenti. Le lettere sono 327 scritte fra il 1812 al 1819 scritte dal cancelliere e 278 quelle scritte dall'amata  Wilhelmine.
"ti mando un portafogli che desidero conservi per tutta la vita. Mi è giusto or ora dall'Inghilterra e appena l'ho visto mi sono detto " questo sarà per lei perchè è grazioso e utile. Esso racchiude sette scomparti. Non metterci altro che le mie lettere. Ogni anno avrà il suo scomparto. Vedi che io conto su sette anni. E quando saranno trascorsi ti regalerò un altro portafogli. se tu dovessi morire, mi farai restituire i miei portafogli, se io dovessi morire prima dite_Iddio me lo conceda, com'è nell'ordine della vita- tu lo regalerai all'essere nel quale riporrai più fiducia. Voglio che costui sappia, legga veda che sei stata amata come meriti e che la tua immagine ha sostenuto nei momenti decisivi un uomo chiamato a influire sui destini dell'umanità

BELLINI E GIUDITTA

La Turina Cantu' è una delle tre donne dallo stesso nome che ebbero un ruolo importante nella vita di Bellini. Primogenita di un ricchissimo mercante di seta milanese, Giuseppe Cantu', Giuditta appena sedicenne divvenne sposa in San Babila di un ricco ma rozzo proprietario terriero. Troppe divergenzeesistevano tra i due e non è difficile capire il colpo di fulmine che nacque tra la giovinetta e Bellini."un siciliano biondo come il grano, dolce come un angelo, giovane come l'aurora" così lo descrive Lèon Escudier nelle sue Memorie, E' giovane ed ha solo ventisette anni. L'amore tra i due si concretizza rapidamente tra i due in una convivenza nella casa di lei. Il marito ne era all'oscuro, al contrario tutta Milano ne era a conoscenza. Nei salotti era sopprannominata Armida in riferimento alla Gerusalemme Liberata. questo trasporto porta Bellini a scrivere "la Straniera" che dedica a Giuditta sua musa ispiratrice. Dopo un breve periodo a Venezia (dove conobbe Giuditta Grisi), tornato a Milano il musicista comincia ad avvertire i primi sistomi di quel male che all'età di trentatre anni lo porterà alla morte. La Cantu' possiede una bellissima villa a Moltrasio sul lago di Como ed è
lì che Bellini si rimette e porta a termine "La Sonnambula" la cui interpretazione viene affidata alla terza Giuditta della sua vita. Giuditta Pasta aveva incontrato molto spesso il musicista possedendo anche lei una villa sul lago.

GIUDITTA

Il successo della Sonnambula permette a Bellini un periodo di svago e un viaggio in Sicilia sua terra natia. Chiese alla Turina di accompagnarlo. Prima tappa Napoli dove viveva il primo amore del musicista. Maddalena Fumaroli. La turina venuta a conoscenza della storia sdegnata lasciò Napoli, Maddalena illusa cadde' in uno stato di prostazione tale da portarla alla morte.Bellini ne soffrì enormemente colpito dal rimorso di non aver dato ascolto a quell'amore, lasciò l'Italia e rimase per un periodo a Parigi dove scriveva al suo caro amico Florimo:"la funesta morte di maddalena, caduta come un fulmine dal cielo che sembra sdegnato
contro di me, mi ha oscurato il cuore..sono diversi giorni che una lugubre idea mi perseguita: mi sembra che tra poco tempo dovrò seguire nel sepolcro quella poveretta che un tempo amai tanto". L'anno dopo Bellini
appena trentenne morirà a Parigi.
Ritornata a Milamo, il marito chiese la separazione e giuditta finì in solitudine i suoi giorni

lunedì 28 marzo 2011

MATILDE SERAO

Un marito (o meglio due) quattro figli, una figlia, Eleonora nata dalla sua unione con il giornalista Giuseppe Natale dopo la separazione da Scarfoglio una bambina adottata (nata dalla tempestosa relazione del marito con la soubrette francese Gabrielle Bessard), tre giornali fondati con il marito uno da lei sola, periodici italiani e stranieri, cinquanta libri centosessantacinque novelle. Migliaia di colonne di giornale riempite coi suoi Mosconi reportages dall'estero e dall'Italia. Scriveva Luigi Lodi uno dei suoi primi direttori "è una figliola sempre di buono umore, dovunque si trova e con chiunque ride sempre come una pochade in tre atti". Un suo collega francese diceva :" quand madame Serao arrive à Paris,c' est son rire qui nous l' annonce". Nata occasionalmente a Patrasso (Grecia) il 28 Febbraio 1856 da Francesco Saverio Serao profugo anti borbonico di origine casertana e da Paolina Borely Scanavy greca. I Serao si stabilirono  Napoli dove presero casa nella povera e caratteristica piazzatta "Ecce Homo". Il suo debutto giornalistico avvenne su "Il Corriere del Mattino" , nei suoi primi articoli la Serao si firmava "Chiquita". La sua firma appare su " Il Piccolo", "La Gazzetta letteraria piemontese", "Il Giornale di Napoli", "Roma capitale", " La Farfalla". Si trasferisce in via Magnocavallo, si tratta ancora del ventre di Napoli caratteristico quartiere della città vecchia.

MATILDE

I colori, gli odori, i rumori di questo quartiere e dintorni sono per lei un campo quotidiano di osservazione dal quale scaturiscono le pagine dei suoi romanzi, e le passioni dei suoi personaggi coi loro furori, miserie, illusioni. Scriveva dalle 14 alle 15 ore al giorno la sua calligrafia era piccola, serrata, quasi sempre senza "a capo" come a inseguire un continuo pensiero. Lei e Scarfoglio dopo il matrimonio nel 1885 diedero vita a Roma il "Corriere di Roma", trasferitesi a Napoli fondarono "Il Corriere di Napoli", poi nel 1893 fondò "Il Mattino". Dopo la separazione da Scarfoglio e l'unione con Giuseppe Natale fonderà "Il Giornale". Mentre scrive un articolo piegherà per sempre la testa la sera del 25 Luglio 1927. Tra i suoi romanzi ricordiamo: Castigo, Il ventre di Napoli.........

TERESA GUICCIOLI (Ravenna 1800, Settimello (Firenze) 1873

Appena diciottenne e da poco uscita dal convento di Santa Chiara a Faenza dove aveva trascorso l'adolescenza, andò sposa per volere del padre al cavaliere Guiccioli maggiore di lei di quarant'anni. Vedovo per due volte aveva ben sette figli illegittimi. La giovane sposa nel corso di un viaggio a Venezia nel 1819, nel salotto della Contessa Marina Querini Benzoni incontrò il poeta inglese Byron. Questi inizialmente si finse innamorato e teresa cadde alle sue lusinghe. Ben presto Byron cominciò ad apprezzarne le doti. Teresa possedeva non un aspetto aggraziato, ma aveva un carattere dolce, una serenità interiore che riuscivano a dissipare in lui i pessimismi più neri. Teresa gli dimostrò sempre una dedizione disinteressata che trasformò questa relazione superficiale in un rapporto duraturo e profondo. Il marito inizialmente accettò di buon grado
cercando di sfruttare la situazione. Non ottenendo ciò che si era prefissato chiese la separazione dalla Chiesa. Teresa ritornò presso la sua famiglia portando con sè lo straniero ben accolto da tutti. I due amanti pur vivendo sotto lo stesso tetto  vivevano in appartamenti separati. Si spostarono in varie residenze della Toscana e dell'Emilia. Quell'unione non doveva durare a lungo, Byron si stancò di Teresa e il 13 luglio 1823 partì per la Grecia per combattere coi patrioti greci. Morì l'anno dopo a Missolunghi a causa di un attacco di forti febbri. Teresa fu la custode dei ricordi di Byron, più avanti ritornò col marito che ben presto morì lasciandola libera e ricca.

TERESA

All'età di 47 anni sposò un nobile francese, assai ricco, accetto il suo fanatico culto di Byron e ne condivise
la passione. Trascorsero insieme 19 anni, il marchese Boissy la lasciò ancora più ricca. Teresa si ritirò a vivere nella villa di Settimello e nel 1873 morì dando disposizioni affinchè gli scritti di Byron fossero pubblicati

domenica 27 marzo 2011

MONTANARI CEPPELLI PELAGIA (Ravarino di Modena 1772-1834)

Nata e cresciuta in una famiglia dove si respirava l'amor di patria, considerò fin da piccola la politica come una componente essenziale della sua vita. Fin da giovanissima ebbe famigliarità con i più attivi carbonari della sua città. Si avvicinò maggiormente al movimento segreto quando sposò il modenese Giovanni Ceppelli, medico e fervente patriota. Sia lei che il marito entrarono nel libro nero della polizia, era sopratutto la Pelagia ad essere sospettata,perchè si riteneva che intrattenesse una fitta corrispondenza con gli aderenti a quella che fu devinita "la congiura Estense" perchè faceva capo a Francesco IV D'Austria-Este il quale per realizzare il suo sogno di diventare Re di un vasto Stato centro-settentrionale, strumentalizzava anche i movimenti carbonari. Quando un giorno Pelagia e il marito ebbero sentore di una perquisizine non esitarono a far sparire le carte, molte delle quali la donna frantumò coi denti inghiottendoli. Oltraggio i militari e fu portata in caserma
e vi rimase per due anni. suo fratello Andrea, compromesso più di lei, fu condannato alla confisca dei beni e alla forca. Uscita dal carcere e rimasta vedova, si ritirò a vita privata e visse in solitudine nel ricordo del marito e del fratello

DIZIONARIO DELLE FIGURE FEMMINILI

MONACO OLIVERIO MARIA (Cosenza 1839-1864)
Andò sposa giovanissima a Pietro Monaco, militò in un primo tempo nelle file dell'esercito borbonico per poi avvicinarsi a Garibaldi. Stanco della vita militare si diede alla macchia a capo di un gruppo di giovani senza scrupoli, vivevano di rapine, furti e razzie. Tra un'impresa e l'altra ritornava dalla moglie, non disdegnando la compagnia della giovane cognata. Maria accortasene, uccise la sorella nel sonno a pugnalate. Dopo l'omicidio si diede alla macchia macchiandisi di efferati delitti. Catturata dalle forze regolari, venne portata a Policastro dove fu condannata e giustiziata previa fucilazione. Aveva 25 anni

....GIA' ROMA IMPERIALE ERA UNA FRACASSONA

Il grande poeta satirico romano Giovenale descrive così l'Urbe.
L'Urbe a quei tempi contava oltre un milione di abitanti in gran parte dediti alle loro frenetiche attività. Solo i ricchi potevano sfuggire alla cagnara anche se le loro fastose residenze sorgevano nel bel mezzo dei quartieri brulicanti di popolino, non essendovi in Roma zone residenziali. ma chi aveva denaro si proteggeva circondondosi da grandi giardini e sistemavano le stanze da riposo lontano dalle mura esterne del palazzo.
Quasi tutta la vita quotidiana si svolgeva per le strade, c'è chi cuoceva salcicce e cibi di ogni genere e ne magnificava urlando i pregi, c'erano i maestri che impartivano lezioni agli scolari, i barbieri che radevano i clienti, nonchè gli ambulanti, i cambiavalute e tutti gli altri artigiani che svolgevano il loro lavoro tra le panche delle tabernae mescolando le loro grida ai mendicanti e alle risse di giocatori. Terminata col tramonto questa confusione, cominciava il tormento, sparita la gente cominciava il traffico dei carri e dei convogli di animali da soma carichi di merce per il vettovagliamento della città. Questo fu un ordine impartito da Cesare, solo di notte i carri dovevano passare, di giorno le strade erano affollatissime. " Qual mai casa d'affitto consente il
sonno? Sol chi molto è ricco può nell'Urbe dormire. Ecco la fonte di tutto il male: il viavai dei carri per le voltate delle anguste vie e lo schiamazzo delle mandre ferme anche ad un Druso toglierebbe il sonno anche
alle foche" GIOVENALE

VITA NELLA ROMA DEI CESARI

La gente viveva senz'acqua malgrado i famosi acquedotti "e la mia casa si lagna che non ha una gocciola d'acqua mentre sì presso a me mormora l'acqua Marcia" così scriveva Marziale, senza servizi igienici, malgrado le famose cloache. Giovenale la soppranominava "la selvaggia

sabato 26 marzo 2011

ROMA

L'Urbe era assai piccola, dall'alto del Pincio si vedeva San Pietro col suo piccolissimo borgo, giù a sinistra, isolato sopra una distesa di vigne e legato con un lungo corridoio, all'enorme mole di Castel Sant'Angelo
anch'esso circondato dal verde i famosi prati di Castello.Di là dal Tevere, grandi macchie di verde più intenso erano costituite entro le mura, dalle ville principesche, la più bella di tutte era Villa Ludovisi che dopo l'Unità fu  abbattuta causa speculazione edilizia.(oggi su quella zona sorge V.Veneto e il quartiere Ludovisi) Aventino,Palatino, Celio, Quirinale Viminale e l'Esquilino e tutto il Pincio erano ville patrizie o zone coltivate e in quel verde erano incastonati ruderi e basiliche. Intorno scorrevano le mura, verso sera si chiudevano. Alcune porte non si aprivano mai (Metronia, Pinciana,Latina) fuori la distesa campagna romana. La città era tutta raccolta nell'ansa del fiume, difronte al Gianicolo, in un trapezio che dal Pincio andava in Vaticano, quindi a Porta Portese e da lì a Santa Maria Maggiore per tornare a Piazza del Popolo lungo la via Quattro Fontane. Questa era una strada di periferia che saliva e scendeva passando davanti a Palazzo Barberini e alla Fontana del Tritone situata in una piazzetta profumata dalle erbe raccolte sulle bancarelle.

testimonianze su Roma antica

Essa era innanzi tutto molto molto piccola impregnata del fascino del Medioevo, il rustico incanto, metropoli
spirituale in forme paesane così scriveva Gregorovius storico prussiano.Saint-Beuve scrittore e critico fran-
cese scriveva: Roma è morta, proprio morta,metà della città è un giardino abbandonato. Le vigne stanno sul
Campidoglio, il deserto comincia da Roma stessa.Le vie di Roma erano tuttaltro che deserte. Guglielmo Story scrisse:" Si udivano grida confuse e sonore, i bambini strillavano,gli uomini gridavano le loro merci, le
campane risuonavano in ogni dove. Preti, soldati, contadini e pezzenti passavano a gruppi. I trasteverini se
ne andavano a casa con le giacche appese al braccio. Le donne nelle loro rozze gonne di lana stavao in capelli (senza cappello, solo le signore lo usavano) sotto i portoni, alle finestre o ai balconi. Un funerale dietro di noi gli stendardi ricamati d'oro, con il teschio e le ossa incrociate, procedeva accanto a noi. Le torce oscillavano nelle mani dei confratelli che camminavano senz'ordine, incapucciati di bianco

ROMA

Il Michelet così scriveva:" Sul sommo delle grandi mura di quel gigante gli alberi stormiscono alla brezza
serale, più sotto all'interno c'è una foresta di arbusti sulla quale si avventurano le capre mentre il loro custode dorme sull'erba". Dickens affermò:" una selva di torri e di campanili, una moltitudine di tetti e di comignoli,
rassomiglia tanto ala veduta di Londra". C'erano nugoli di mendicanti che si appostavano dove vi erano turisti. Il freddo era pungente ma con l'arrivo del caldo si propagava la malaria e chi poteva fuggiva, solo il Ghetto era risparmiato. Il fiume era animato da traghetti e barche da carico che facevano da spola tra i due porti ora scomparsi, il Ripagrande e di Ripetta. Era un vero scalo marittimo e aveva anche la chiesa dei naviganti, piena di ex voto, Santa Maria della Torre del Buon Viaggio

MANZONI DA VICINO

Manzoni era di bassa statura,ma non lo dimostrava. A tutta prima lo si sarebbe detto esile, guardandolo si
notava che il suo torace era ampio e le spalle ben quadrate, anche se l'abitudine di tenerle un pò rialzate gli
avevano fatto acquistare un aspetto leggermente " rannicchiato". Il viso non era bello, ma espressivo e mobile, con la fronte alta, gli occhi chiari, le labbra sottili percorse spesso da un sorriso, tranne quello di
scherno. I capelli naturalmente castani possedevano la prospettiva di apparire a volte biondi e a volte ful-
vi.Le sue mani erano lunghe e affusolate, si rivelavano asciutte e forti alla stretta.Manzoni aveva la virtù, non
il difetto della pigrizia, le tradizioni gli facevano tenerezza. Faceva preparare ogni anno, secondo una ri-
cetta personale la provvista di cioccolata per la famiglia. Il suo mobilio era rigorosamente antico, non am-
metteva nulla di moderno, nemmeno un vaso. Si annodava spesso al collo un fazzoletto di seta nera,il collo
era quello che gli piaceva meno. Lo copriva spesso.Passeggiava spesso, circa due ore di cammino, senza una meta precisa, imboccava una strada qualsiasi, svoltava a casaccio fino all'ora di rientrare. Ignorava la pioggia e accettava il vento indifferente

MANZONI II PARTE

Ma della nebbia andava fiero come una sua creatura e la neve lo entusiasmava. Chi lo accompagnava, non aveva solo bisogno di tenere il suo passo ma abituarsi a seguire il movimento del capo, un movimento leggero da destra a sinistra. Aveva paura della solitudine, quando usciva voleva qualcuno con sè, solo non si azzardava neppure nel giardinetto in Via Morone, gli sembrava che le case gli alberi tutto ciò che era più alto
di lui gli precipitasse addosso.Di questa sua debolezza se ne compiaceva, la sfruttava. Induceva tutti a com-
miserarlo, proteggerlo, scusare le sue mancanze ai doveri di società Gradiva i doni che gli venivano offer-
ti soprattutto tè, caffè,droghe, e dolciumi. Conquistarlo era molto difficile, sceglieva le sue amicizie sul metro
della sincerità più che sull'affinità ideologiche.Il Grossi, Rosmini,Visconti, il Litta e altri li aveva scelto così.
Evitava i salotti, amava la gente semplice, quella che viveva nella terra e ne portava addosso il sapore. Quan-
do era in villa abbandonava tutti per andare in mezzo ai contadini. Seguiva le sue processioni, camminava lento troppo per il suo passo, assisteva al loro lavoro, interrogandoli, gustandosi le risposte. "Questi campi" era solito affermare "producono menti che hanno più buon senso di Mauguin, di Lemarque e di tutta la ca-
mera parigina. Di Milano diceva che era una città fatta di gente che non giudicava mai al primo sguardo
un'opera d'arte dicendo solo "non c'è male"

MANZONI III PARTE

Quando egli morì, una gran folla volle seguirne la carrozza funebre ( era una giornata di maggio, se avesse potuto scegliere lui, avrebbe preferito una giornata di novembre). Si era saputo far riconoscere non per la sua eccentricità, aveva vissuto in una società senza accettarne le leggi, aveva raccontato i fatti senza commentarli,
di descrivere le persone senza giudicarle

giovedì 24 marzo 2011

LEONARDO

domenica 20 marzo 2011

GIACOMO PUCCINI

PUCCINI

SYBIL E PUCCINI



rose e puccini

puccini giacomo


lettera a rose

LE DONNE DI PUCCINI......LETTERE; FOTO