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mercoledì 25 maggio 2011


MARSALA LA CAVALLA DI GARIBALDI

.Marsala era una delle cavalle preferite da Garibaldi. la chiamò Marsala, in ricordo della città in cui sbarcò durante la spedizione dei Mille. Morì all'età di soli trent'anni. Il 5 settembre 1876, Garibaldi disperato per l'animale, svuotò un cocomero e dopo averlo diviso in due parti, lo riempì di liquore marsala per darlo alla cavalla, per un attimo si riprese, poi spirò. si pensa fosse un baio, che la sua origine fosse sudamericana, e quindi l'eroe l'avrebbe comprata in giovane età

GARIBALDI FU FERITO (la palla di Garibaldi)

Garibaldi fu ferito in una gamba sull'Aspromonte il 28 agosto 182. A colpirlo nel malleolo destro era stata una grossa palla conica da carabina di bersagliere. Visitato sul campo dal suo medico Enrico Albanese, il Generale gli disse: Secondo me la palla è rimasta dentro, tirala fuori". L'Albanese fece un'incisione tegumentale, venne bloccato dai regi ufficiali che spedirono lui e Garibaldi in barella dall'Aspromonte sino a Silla dove vennero imbarcati sulla pirofregata Duca di Genova e depositati come prigionieri il 4 settembre al Varignano allora ospedale fortezza della Regia Marina a La Spezia. Qui alle due di notte attorno al letto 9 luminari convocati dal Ministero degli Interni per cercare di capire se la palla ci fosse o no, tra questi il professore Luigi Porta di Pavia e il professore Rizzoli, futuro fondatore dell'Istituto Ortopedico bolognese.
Tutti e nove scavarono nella ferita ma non trovarono nulla, intanto Garibaldi aveva una febbre da cavallo, la gamba gonfia e bollente, la lesione piena di pus. Arrivò da Londra il 16 settembre il prof. Richard Partrdge che pure lui affermò la non presenza della palla. Il 9 ottobre Garibaldi delirava e la gamba si era gonfiata fino all'inguine. Il 17 giunse da Milano il prof. Agostino Bertani che disse: "Che palla ci sia o meno, è troppo tardi: bisogna amputare"Dopo varie prove per ricercare la palla il 20 settembre Garibaldi fu portato a Pisa dove il prof. Paolo Tassinari riuscì ad infilare in modo giusto lo spicillo, trovando tracce di piombo. Il 23 novembre dopo tre mese la palla fu estratta durante una lunga operazione ovviamente senza anestesia dall'amico prof. Zannetti all'ospedale di San Giovanni di Firenze.

lunedì 23 maggio 2011

I MILLE......PANE; CACIO E....VINO

A Marsala Garibaldi fu ricevuto dal sindaco: Tosto si diè mano ad apparecchiare la mensa... con cacio di Sardegna e qualche pane e un canestro di baccelli e due anfore di terra piene di vino bianco....Tutti in cuor nostro maledivamo la prima cena siciliana....rosicchiavamo il pane duro e quel cacio che par fratello del calcinaccio, quando ci fu annunciata la visita del signor sindaco seguito da due assessori che volle recitar un discorsetto....ci volle poco a capire che il sindaco facea visita di dovere, e null'altro, egli rivolgendosi al generale, si pofessò docente nel vederlo seduto ad una mensa tanto povera, e scusò la città e i cittadini, dicendo che l'improvviso arrivo e le granate delle navi da guerra avevan fatto perdere la bussola a tutti quanti...il sindaco si rivolse a Garibaldi biascicando le parole: "Signor Generale, se vi degnate di accettare, non saprei, qualche bottiglia, ma il Generale lo freddò rispondendogli: "Grazie non bevo vino".
Giacinto Bruzzese all'incontrario del Bandi scrive:" La notte dell'11 maggio nessuno fuggì, nessuno uscio si chiuse, nessuno dei Mille rimase digiuno, anzi ad onore del sindaco, anche adora tarda vedevansi aperte le botteghe da caffè, e quelle dei bettolieri, prestinai, pizzicagnoli e venditori di ogni specie di commestibili per provvedere alle numerose richieste. Tutti i garibaldini dispensati dal servizio si ebbero alloggi presso famiglie civili, e nelle ampie sale comunali: ed al Generale Garibaldi fu assegnata la casa del Cavaliere Vincenzo Fici Burgio in punto centralissimo,e poco distante dal Palazzo del Comune ove vi era il Quartier Generale. Era passata la mezzanotte, per le vie della città non c'era anima viva, il colonnello Bruzzesi, che in tutto il giorno non aveva preso nutrimento, nè un sorso d'acqua, impedito dal proprio dovere, era divorato dalla fame; trovò una bottega da calzolaioaprta, vi si introdusse, pregando il seguace di San Crispino di dargli, o di procurargli qualche cosa da mangiare: la buona massaia non gli diede la possibilità di ripetere la domanda: Saltò fuori dalla bottega ritornando dopo brevi istanti ed ammanettandogli un piatto di pasta consa, del formaggioe del vino. Ebbene, afferma Bruzzese" per quanto feci, non potei riuscire a far accettare un centesimo a quella povera gente"

I MILLE PANE, CACIO....E VINO II Parte

Dunque pasta condita, formaggio e vino quel vino che anche Carlo Invernizi ricorda nel suo diario:  "sbarcati in fretta e furia ebbi l'ordine con sei uomini di occupare le carceri. M'istallai subito nelle carceri e fatta la rivista dei carcerati aspettavamo altri ordini secondo la consegna di Nullo quando uno dei miei compagni salta su a dire:" sapete che a Marsala c'è del buon vino, se ne prendessimo un quartino?" Accolta la proposta all'unanimità, si fece venire dalla vicina bettola un quartuccio di quello buono e avendolo gustato sentendo che il costo era di appena un carlino si fece diverse volte il repeatatur cagionando una mezza parrucca". Quel vino fu apprezzato e bevuto abbondantemente, lasciata Marsala, la prima sosta venne fatta all'ex feudo Buttagana, proprietà di un signor Antonio Alagna da Marsala. Qui i mille si riposarono e si rifocillarono" Che gioia un poco d'ombra e che sapore il po' di pane che ci han dato" E il Generale seduto ai piè di un olivo mangia anche lui pane e cacio, affettandone col suo coltello e discorrendo alla buona con quelli che ha intorno:" Io lo guardo e ho il senso della grandezza antica" come annota Abba. Il castaldo fece spillare da una botte il vino riempendo le tinozze, i Mille passando ad uno ad uno vi attingevano con una scodella e si dissetavano. Il Bandi eleva un inno a quel vino:" Bevemmo roba degna della mensa dei cardinali e di Lucullo. Lasciato quel luogo idilliaco, la scena cambia rapidamente, Garibaldi è obbligato a lasciare la strada rotabile per una mulattira che passando attraverso i feudi arriva a Salemi. Qui i lamenti dei garibaldini" Il sole che piove piombo liquefatto", contro l'acqua che è rara e del resto è proibito bere, contro la strada sassosa, tortuosa, ingombra di sterpi e di erbe, con frequenti salite che affaticano.